Sveva Angeletti \ Natura Morta \ 2020

Roma \ Spazio In Situ

stoffa, ovatta per imbottitura \  misure variabili

 

L’opera si compone di 18 moduli disposti verticalmente a costituire una sorta di colonna sospesa. I moduli rappresentano idealmente dei peluche e sono costituiti di stoffa e ovatta per riempimento.
I singoli moduli sono realizzati sulla base dello studio della teoria della percezione del colore, infatti si tratta di colori tenui che accolgono, che rilassano, che conferiscono serenità. In un secondo step percettivo, ci rendiamo conto che questi peluche non hanno tratti somatici, ma sono annichiliti nelle loro forme senza espressioni e senza identità, macchine di un unico grande organo che è il loro disporsi insieme, ciò ci disorienta dopo il primo e superficiale senso di confidenza, inoltre l’assenza di tratti di riconoscimento di un oggetto come il peluche, oggetto dell’infanzia, che ci ricorda una esperienza ludica, è ancora più disarmante e conferisce un grande senso di instabilità. Due momenti di percezione visiva contraddittori che tendono ad incuriosire chi osserva.
L’installazione è costituita da oggetti / non oggetti, realizzati con colori morbidi e piatti, disposti nello spazio secondo uno studio teorico di equilibrio formale. È noto che la natura morta sia stata sempre fonte di ispirazione per artisti: un soggetto che fungeva da espediente per esprimere delle sperimentazioni artistiche in termini di configurazione formale, anche in questo caso l’artista prende un tema storico e lo rielabora in una visione contemporanea e con una certa dose di ironia; si tratta infatti di un’opera che è stata esposta per la prima volta alla mostra “Quando cade la magia rimane la disinvoltura”, davanti ad un altro lavoro, dal titolo “10 colpi 5 €”: fotografie di lattine di alluminio schiacciate da colpi di pallini di plastica che si ritrovavano disposti sulla cornice o in prossimità dell’installazione. In quel caso la natura morta assumeva anche il ruolo di possibile premio a chi avesse buttato giù qualche lattina, esprimendo anche un forte carattere ironico, caratterizzante della nostra tradizione, come anche il rimando all’estetica del folclore.